Arriva il cinque febbraio nelle sale cinematografiche Ghost Detainee – Il caso Abu Omar. Si tratta di un documentario i cui fatti ancora fanno discutere, a vent’anni dal loro verificarsi. Riguardano il rapimento, avvenuto a Milano nel 2003, dell’Imam del capoluogo lombardo per mano di agenti della CIA e del SISMI. Di verità, nel docufilm, ogni protagonista racconta la sua. A narrare la propria versione sarà Abu Omar in persona. Poi anche le tesi sostenute da Armando Spataro, all’epoca magistrato, che ha condotto l’intera inchiesta e quelle di Nicolò Pollari, il generale a capo del SISMI, prima condannato poi assolto. L’aspetto singolare della storia sta nel fatto che, per la prima volta, un tribunale di un Paese Alleato, l’Italia appunto, si trova a giudicare l’operato di ventidue agenti della CIA, peraltro condannati, per quello che alla fine risulterà un vero e proprio sequestro di persona. Una vicenda piuttosto controversa che, ancora oggi, lascia irrisolti non pochi interrogativi.
Chi ha deciso il rapimento di Abu Omar e perché l’Imam era destinato a scomparire? Quanto ne sapevano i servizi segreti italiani prima che la CIA intervenisse? E gli agenti americani sono stati davvero coperti dai nostri 007 come risulta dagli atti processuali? Forse il quesito più difficile a trovare risposta è proprio quello che riguarda la mente dell’intera operazione. Resta, in ogni caso, il dubbio su quanto possa incidere la cosiddetta ragion di Stato su accadimenti che, sebbene si compiano in nome della lotta al terrorismo, infrangono la sfera della legalità. Ricordiamo che Hassan Mustafa Osama Nasr, il nome all’anagrafe di Abu Omar, dopo il rapimento fu immediatamente trasferito dalla base militare di Aviano direttamente in Egitto, suo paese d’origine, dove fu arrestato, torturato e seviziato. Nel 2016 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i diritti umani per aver violato i principi della Convenzione Europea sulla tutela dei Diritti dell’Uomo. E i giudici italiani hanno emesso la sentenza che stabilisce un considerevole risarcimento, a carico degli agenti americani, per Osama Nasr e anche per la moglie Nabila Ghali.
Alla pellicola, scritta e diretta da Flavia Triggiani e Marina Loi, ha collaborato il giornalista Luca Fazzo. È una commistione, spiega la Loi, di una Spy story e un Legal thriller. Da qui l’alternarsi dei momenti d’azione con quelli che portano a riflettere lo spettatore. Non portiamo mai delle tesi precostituite nei nostri documentari, dice Flavia Triggiani. Facciamo il possibile di portare tutte le opinioni nel film, attraverso le interviste ai diversi personaggi, in maniera tale che lo spettatore, autonomamente, possa farsi una propria personale opinione. Nel film anche le dichiarazioni di Mattew Cole, giornalista della NBC News, e di Sebastian Rotella, che scrive sul Los Angeles Time. Secondo Andrea Iervolino, amministratore di ILBE (che ha prodotto e distribuito il documentario) il film è destinato a far luce su una storia alquanto controversa che farà dibattere non poco.
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