Aveva 84 anni, Maurizio Costanzo. Con lui se ne va un pezzo di storia della nostra televisione. Firma autorevole del giornalismo italiano, Costanzo è stato anche un prolifico autore, sia radiofonico che televisivo. Sceneggiatore e critico cinematografico, finanche paroliere di alcuni noti brani di musica leggera. Per quarant’anni ha condotto il “Maurizio Costanzo Show”, il talk italiano più longevo di sempre. Ne sono state registrate ben 4480 puntate dalla prima, andata in onda il 14 settembre 1982, all’ultima del 25 novembre scorso. Sulla passerella storica del Teatro Parioli, di cui è stato direttore artistico, sono transitati oltre cinquantamila ospiti. Molti dei quali si sono rivelati autentiche scoperte del mondo dello spettacolo.
Su quel palcoscenico hanno trovato posto attori, cantanti, comici, sportivi, politici e gente comune che aveva storie, a volte davvero particolari, da raccontare. Prevaleva il garbo nelle interviste ma anche tanta ironia. Costanzo sapeva di avere tra le mani un format assolutamente vincente, quello del talk, che egli stesso aveva inventato in RAI qualche anno prima. A suo dire, quasi non volendo. “Non sapevo manco cosa fosse il talk show”. In effetti la formula da anni andava a gonfie vele negli States. “Bontà loro” fu una novità assoluta sui piccoli schermi. E successo immediato e clamoroso.
Era sempre in seconda serata, ma quel salotto piaceva, forse per la confidenzialità con la quale ci arrivava prima di dormire. In ogni puntata, una persona comune e una famosa. L’intervista con Giulio Andreotti la ricordano tutti. In diretta, e ancora in bianco e nero, nei due anni di messa in onda il programma ospitò poco meno di duecento personaggi noti e sconosciuti in una sessantina di puntate. Quando si è spinto su argomenti più spinosi Costanzo ha dovuto, per così dire, tirare i remi in barca. Così come avviene la sera del 14 maggio ’93 quando il giornalista, solo per un caso, esce indenne dall’attentato che la mafia gli procura in via Fauro a Roma.
Il motivo appare di facile lettura: il 26 settembre del ’91, un mese dopo l’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi, va in onda una maratona televisiva contro il dilagante fenomeno mafioso. Costanzo (reti Mediaset) e Michele Santoro (Samarcanda di Rai3) trasmettono a reti unificate per diverse ore col clima che a volte risulterà incandescente. In trasmissione anche il giudice Giovanni Falcone.
C’è un unico neo nella lunga carriera del giornalista romano, la tessera n. 1819 di iscrizione alla loggia massonica P2 di Licio Gelli. Per quella che egli stesso definisce una “autentica cretinata” Maurizio Costanzo chiederà scusa pubblicamente, ma di certo mai riuscirà a scrollarsi di dosso una vicenda ti tale scabrosità. Il pubblico sembra avergli perdonato tutto questo, o forse lo ha semplicemente dimenticato. Per tutti coloro che gli hanno voluto bene Maurizio rimarrà quello dei “consigli per gli acquisti”. O anche del “bboni, state bboni”, o quello golosone di dolciumi che faceva allertare l’amatissima Maria De Filippi. “Vorrei tanto che alla fine dei miei giorni potessi stringere, tra le mie, le mani di Maria” diceva.
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