È sempre attuale il dibattito sulla opportunità di usare il cellulare in classe da parte degli studenti. Un tema assai divisivo che coinvolge insegnanti, studenti e genitori. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, proprio in questi giorni ha annunciato le nuove linee guida del proprio Dicastero in merito alla questione. Vediamo di cosa si tratta. In sostanza, si vieta l’uso dello smartphone, anche per scopi didattici, nelle scuole d’infanzia, elementari e medie. L’esclusione dei fini educativi è la vera e unica novità del provvedimento in cantiere. Destinata peraltro a innescare non poche polemiche.
Il resto c’era già, dal 2007, quando l’allora Ministro Fioroni, con la Nota ministeriale n. 30, vietava di fatto l’uso del telefonino durante le lezioni. La norma, peraltro diretta anche ai docenti, esplicitava, a ben vedere, quanto sancito dallo Statuto degli studenti, datato addirittura 1998. In quest’ultimo si legge, tra l’altro, che “gli studenti sono tenuti ad avere, nei confronti del capo d’istituto, dei docenti, del personale non docente e dei compagni, lo stesso rispetto che chiedono per loro stessi”. È utile precisare due punti che andranno ad inserirsi nelle prossime direttive del dicastero trasteverino.
E cioè che l’uso del tablet (a scopo didattico) è consentito solo agli alunni delle elementari e che nessun veto è previsto per le scuole secondarie superiori. Dunque, ribadiamo, il punto centrale delle prossime “circolari” rimane la stretta ulteriore del professore Valditara. Si, perché di questo si tratta: il Ministro, in pratica corregge sé stesso. Visto che in una sua circolare del dicembre 2022 si leggeva testualmente: “L’utilizzo dei cellulari e di altri dispositivi elettronici può essere ovviamente consentito, su autorizzazione del docente, e in conformità con i regolamenti di istituto, per finalità didattiche, inclusive e formative, anche nell’ambito degli obiettivi del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) e della “cittadinanza digitale”. Quest’ultima, francamente, ci sembra più appropriata. E per questo motivo, proprio non si riesce a cogliere l’essenza del divieto a tutto tondo, sull’uso dei dispositivi elettronici a scuola, che sta emergendo in queste ore. Proviamo a fare alcune considerazioni in merito:
Il PNSD si propone, tra l’altro, di portare il pensiero computazionale a tutta la scuola primaria, di aggiornare il curricolo di “Tecnologia” alla scuola secondaria di primo grado, di definire una matrice comune di competenze digitali che ogni studente deve sviluppare, di coinvolgere gli studenti attraverso format didattici innovativi.
Nella UE, nonostante l’allarme UNESCO, meno di un Paese su quattro vieta l’uso del telefonino in classe.
“È l’Italia che vogliamo” è un libro dello stesso professore Valditara. In esso il titolare dell’Istruzione sostiene che “Le capacità di calcolo simbolico che i pc di nuova generazione stanno sempre più sviluppando renderanno inutile insistere così tanto sulla risoluzione di espressioni alfanumeriche. Gli studenti inevitabilmente troveranno sempre più noioso e privo di senso fare cose che possono essere fatte meglio, senza errori e più velocemente, da un dispositivo informatico”.