In “Rapito” di Marco Bellocchio la brutta vicenda di Edgardo Mortara
La storia vera narrata nell’ultimo film di Marco Bellocchio, “Rapito”, ancora oggi scuote le coscienze e pone quesiti irrisolti che evidenziano i paradossi del Diritto canonico del tempo e la feroce ostinazione con la quale Papa Pio IX ne osserva le norme. Siamo nel quartiere ebraico di Bologna, l’anno della vicenda è il 1858, sullo sfondo la fine del potere temporale dei papi. Edgardo Mortara, figlio di Momolo e Marianna, ha sei anni quando viene prelevato a forza dai gendarmi della Santa Sede per essere trasferito a Roma, alla Casa dei Catecumeni, dove sarà convertito ai principi della religione cattolica. Il battesimo, somministrato di nascosto al bimbo pochi mesi dopo la nascita con la complicità della domestica preoccupata che Edgardo non stesse bene, sarà il movente per un convinto “non possumus” del Vaticano. Lo pronuncerà in maniera decisa Pio IX che sfiderà per questo l’opinione pubblica e la comunità ebraica creando un caso politico anche fuori della nascitura Italia unita.
Dunque dogmi e fanatismo che sovrastano e annientano perfino i nobili sentimenti di una famiglia che invano tenterà di ricongiungersi. È quello che emerge nel film che, più dei precedenti, rivela un profondo anticlericalismo del regista piacentino. Bellocchio stavolta addita direttamente il Vaticano, reo di mostrarsi in un certo senso cieco di fronte all’assurdità delle sue stesse regole. Non critica la religione e neanche la fede ma si scaglia verso un pensare bigotto e fanatico di coloro che ne applicano i principi. Il film, imprevedibile e potente insieme, fa leva su una ottima ricostruzione del secondo ‘800 anche grazie ai costumi di Sergio Ballo e Daria Calvelli. Non poteva mancare la Breccia di Porta Pia nella sceneggiatura che lo stesso regista ha scritto con Susanna Nicchiarelli. La fonte letteraria è “Il caso Mortara” di Daniele Scalise, edito da Mondadori.
Nel cast, tra gli altri, Barbara Ronchi e Fausto Russo Alesi sono i genitori di Edgardo, a sua volta interpretato dal piccolo Enea Sala, poi da Leonardo Maltese quando diventa adulto. Paolo Pierobon è un bravissimo Pio IX e Fabrizio Gifuni un perfetto inquisitore (Pier Gaetano Feletti). Filippo Timi nei panni del Cardinale Giacomo Antonelli, ultimo segretario dello Stato Pontificio. I fatti avevano affascinato anche Spielberg. “Aveva avuto la stessa idea, Steven. Poi ha rinunciato e noi abbiamo ripreso e completato il progetto” dice Bellocchio, che aggiunge: ho scritto al Papa pregandolo di vedere il film, non mi ha ancora risposto ma se lo facesse ne sarei davvero felice.