Napoli piange Antonio Juliano. Mitica mezz’ala, sfiorò lo scudetto. Poi determinante “trattando” Maradona.

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Ciao capitano. Lo ha gridato più volte la folla di tifosi nell’estremo saluto a Totonno Juliano, autentica bandiera della Napoli calcistica degli anni ’60 e ’70. C’era anche Corrado Ferlaino ai funerali di Antonio, l’ex scugnizzo di San Giovanni a Teduccio divenuto in breve pedina inamovibile dell’Undici partenopeo dell’epoca. Portava sulla schiena il n. 8 che corrispondeva alla mezz’ala destra. A quei tempi il numero di maglia rivelava il ruolo del giocatore. Tranne i pochi camuffamenti coi quali gli allenatori tentavano di confondere gli avversari. Già qualcuno ha suggerito di ritirarla, quella casacca. Così come avvenne con quella di Maradona.

Il sindaco Manfredi si è perfino impegnato a intitolargli una strada o anche un impianto sportivo. Segno che parliamo di un grande. In azzurro il mitico Totonno ha disputato ben 505 partite, buona parte delle quali con la fascia di capitano. E quasi sempre in veste di regista. Quel ruolo divenne imprescindibile e, in quella posizione, Juliano è stato per quasi vent’anni l’autentico faro della squadra partenopea, essenziale per i tecnici, non pochi per la verità, che si sono succeduti sulla panchina azzurra. Con uno di loro, un certo Luis Vinicio, già centrattacco eccellente del Napoli, sfiorò la conquista del primo scudetto. Era il campionato 1974/75 e O’ Lion ruggì a bordo campo per tutta una stagione in un epico testa a testa.

Alla fine prevalsero i nemici di sempre. La Juventus la spuntò per soli due punti. Per il primo Tricolore si dovettero attendere ancora dodici anni. E Antonio Juliano, da dirigente, poté affermare, e i tifosi con lui, di essere stato tra gli artefici di quel primo trionfo. Era riuscito, il capitano, a ottenere l’assenso del Barcellona al trasferimento in azzurro di Diego Armando Maradona. Dopo un mese di trattative estenuanti. Era l’estate del 1984. Tre anni dopo il primo sospirato scudetto. In Nazionale ha collezionato solo 18 presenze, talvolta impiegato solo per pochi minuti. Sebbene contemporaneo di Rivera, De Sisti e Bulgarelli, non si può certo dire che la Federazione gli abbia conferito il giusto riconoscimento.

Forse anche per questo si diceva che da Milano più volte gli avessero sussurrato “vieni a giocare all’Inter”. Poteva essere tutto più semplice. Ma il capitano ha sempre rifiutato un suo eventuale trasferimento, nella convinzione di fare del male ai tifosi e alla squadra e di tradire le sue origini e la sua terra. Un napoletano atipico lo definiva Antonio Ghirelli, forse per la sua inverosimile seriosità. Antonio Juliano, che ricordiamo ha giocato con campioni del calibro di Altafini, Sivori e Zoff, di napoletano aveva il cuore grande: si dice che ai primi suoi veri guadagni avrebbe imposto alla Società di elargire parte del suo stipendio agli operai che lui stesso definiva “bassa forza” (magazzinieri e simili). E questo gli fa davvero onore. Buon viaggio, capitano. E grazie. Per tutto.