Over the top sotto tiro: Federal Trade Commission e 48* Stati fanno causa a Facebook

Non sono tempi sereni per i Big dei social. Oggi è la creatura di Zuckerberg a dover difendersi da un nuovo poderoso attacco da parte delle amministrazioni statunitensi.

“La Federal Trade Commission oggi ha fatto causa a Facebook”, si legge sul sito della FTC, affermando che l’azienda sta illegalmente mantenendo il proprio monopolio nel mondo dei social network grazie ad una reiterata condotta anti-concorrenziale. A seguito di una lunga investigazione condotta in collaborazione con una coalizione di 46 procuratori generali di altrettanti Stati, più quello del Distretto di Columbia e del territorio non incorporato dell’isola di Guam, la causa sostiene che Facebook abbia perpetrato una strategia sistematica per eliminare minacce al suo monopolio – compreso il caso dell’acquisizione dell’allora quasi rivale Instagram, nel 2012, dell’acquisizione del 2014 dell’app di messaggistica di WhatsApp, e l’imposizione di condizioni anticompetitive agli sviluppatori di software. Questa condotta ripetuta, sostiene l’FTC, danneggia la concorrenza, lasciando ai consumatori poche scelte per la propria attività social, e priva gli inserzionisti dei vantaggi della concorrenza.

Facebook Inc., oggi, è il leader indiscusso delle piattaforme social del pianeta, con 2,7 miliardi di utenti unici al mese su Facebook (1,8 miliardi al giorno), 2 miliardi di utenti unici al mese su WhatsApp, 1,3 miliardi di utenti al mese su Messenger e 1,2 miliardi su Instagram (dati Statista del 24 novembre 2020). Per il Q3 2020 ha comunicato introiti pubblicitari per 21,2 miliardi di dollari, con una crescita del 22% sullo stesso trimestre del 2019.

L’FTC chiede una ingiunzione permanente dalla Corte Federale (si legge sempre sul loro sito) che potrebbe, fra le altre cose, imporre il disinvestimento di alcuni asset, inclusi Instagram e WhatsApp, vietare a Facebook di imporre condizioni anti-concorrenziali agli sviluppatori, nonché richiedere a Facebook di ottenere un’approvazione preventiva in vista di future fusioni e acquisizioni.

“L’utilizzo personale dei social network è centrale nelle vite di milioni di Americani”, afferma Ian Conner, Direttore del Dipartimento per la Concorrenza dell’FTC. “Le azioni di Facebook volte a trincerarsi e mantenere il proprio monopolio nega ai consumatori i benefici della concorrenza. Il nostro obiettivo è ‘riavvolgere’ la condotta anticoncorrenziale di Facebook e ristabilire la concorrenza cosicché l’innovazione e la libera concorrenza possano prosperare”.

La causa arriva qualche settimana dopo che il Dipartimento di Giustizia ha aperto un fascicolo su Google per la sua posizione dominante e monopolistica nel mondo dei motori di ricerca. I due casi evidenziano come negli USA ci sia ormai una diffusa e radicata preoccupazione circa il potere delle piattaforme digitali dominanti, come sostiene il Wall Street Journal.

Il Procuratore Generale di New York, Laetitia James, citata dal WSJ, afferma che Facebook “ha usato la propria posizione dominante e il proprio potere monopolistico per schiacciare rivali più piccoli e spegnere la concorrenza, tutto alle spese degli utenti quotidiani”, e ha fatto “miliardi convertendo dati personali in vacche da mungere”.

La reazione di Palo Alto non si è fatta attendere. Jennifer Newstead, Vice-Presidente e General Counsel di Facebook, ha infatti diffuso una nota in cui si legge, fra le altre cose, che “entrambe le acquisizioni (di Instagram e WhatsApp, n.d.r.) erano state riesaminate dai competenti uffici dell’antitrust, all’epoca. L’FTC aveva condotto un’approfondita seconda indagine sull’acquisizione di Instagram nel 2012 prima di votarne all’unanimità l’approvazione. La Commissione Europea aveva esaminato l’acquisizione di WhatsApp nel 2014 e non aveva rilevato alcun rischio di danno alla concorrenza in nessuno dei mercati potenziali. Le autorità avevano correttamente permesso l’avanzamento di questi accordi perché non rappresentavano minaccia alla concorrenza.”

Il coordinamento d’azione fra l’FTC e gli stati federali evidenzia l’intensità della pressione legislativa che Facebook si trova ad affrontare, e mette in luce il ruolo centrale non tanto delle Autorità, quanto dei singoli rappresentanti e ufficiali governativi, nelle battaglie dell’antitrust contro le più potenti aziende tech del paese. Ne è consapevole il fondatore e CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, che già in passato aveva definito azioni legali e confronti con il Governo come “esistenziali”. E benché Zuckerberg sia fiducioso di un successo in aula, la causa rappresenta per Facebook una delle maggiori sfide in 16 anni di evoluzione da app per studenti del college a potenza mondiale. E chissà quanto ci vorrà per giungere ad una risoluzione.

Ma Facebook non deve affrontare problemi con l’antitrust solo in patria. Anche in Europa la Commissione sta conducendo investigazioni (annunciate lo scorso febbraio) e verifiche in merito a comportamenti anti-concorrenziali di Facebook volti a schiacciare la concorrenza, premiare i partner e tagliar fuori i rivali, abusando (si legge) del proprio accesso ai dati d’utilizzo degli utenti. In particolare, sotto scrutinio sono i cambiamenti unilaterali applicati dal gigante di Palo Alto alle interfacce software che permettono agli sviluppatori di accedere ai dati di Facebook, così come all’utilizzo di Onavo (chiusa nel 2019), un’app acquisita nel 2013 in grado di fornire dati sull’utilizzo di app rivali da parte degli utenti.

I casi aperti su Facebook negli USA aprono sicuramente nuovi scenari, e come afferma Jennifer Newstead stessa rischiano di lanciare a imprenditori e investitori il messaggio che “nessuna transazione sarà mai definitiva, poco importa il danno ai consumatori o il raggelante effetto sull’innovazione”. E oltre ad essere “revisionismo storico”, prosegue la Newstead, “non è così che l’antitrust dovrebbe operare”.

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