Torino saluta Vittorio Emanuele, ultimo erede di Casa Savoia

Ai funerali quasi non ce n’era di gente comune. Forse perché gli anni che Vittorio Emanuele di Savoia trascorse con gli italiani furono davvero pochi, esiliato, ancora bambino, quando la Nazione scelse, col referendum, la Repubblica. Segnando i tratti di una persona controversa e discussa.

Quella del principe fu una vita costellata di fatti di cronaca, spesso definiti scandali. Come quello che lo vide protagonista nell’estate del ’78 sull’isola francese di Cavallo. La vittima di una furibonda quanto banale lite fu un diciannovenne tedesco. E la famiglia, ma pure l’opinione pubblica, di quel fattaccio ignorano, ancora oggi, il colpevole. Una radiografia quasi perfetta dell’accaduto è la docuserie di Beatrice Borromeo “Il Principe”, uscita su Netflix già nello scorso luglio. Suffragato da interviste esclusive ai diretti interessati, ma anche a giornalisti e aristocratici dell’epoca, il lavoro della Borromeo appare di ottima fattura, frastagliato com’è di ogni particolare. Ancora più utile, ora che il protagonista non c’è più. Un vero e proprio giallo, se si vuole. Ci sono voluti, dice la regista, moglie di Pierre Casiraghi, oltre due anni per raccogliere e montare il materiale.

I tre episodi raccontano molto altro. Per esempio il matrimonio con Marina Doria. Il rito civile a Las Vegas, poi l’anno dopo, nel ’71, in Iran anche quello religioso. Tutto contro il volere, e all’insaputa, del padre Umberto II, il quale certo non gradì che la sposa fosse stata una semplice campionessa di sci d’acqua. Tesserato della Loggia P2, accusato anche di traffico internazionale d’armi, il principe sabaudo tornò prepotentemente sulle prime pagine dei giornali nel 2006. Quando finì nella rete della procura di Potenza. Il PM Woodcock, nell’ambito dell’inchiesta definita “Vallettopoli”, ne chiese l’arresto perché accusato di associazione a delinquere coi fini di corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione. Rimase in carcere per una settimana. Quei pochi giorni furono sufficienti ad intercettare una frase che il mancato re condivise coi compagni di cella. “Anche se avevo torto, devo dire che li ho fregati”. Si riferiva ai giudici francesi, che nel 1991 scelsero la piena assoluzione per i fatti successi a Cavallo tredici anni prima. Sei mesi di “condizionale” per porto d’armi abusivo. Va ricordato che secondo gli avvocati difensori, la conversazione sarebbe stata alterata, eliminando i “non” per far apparire le affermazioni negative in positive.

Nel 2003 Vittorio Emanuele di Savoia realizzò il grande sogno del ritorno in Italia. Lo fece sbarcando all’aeroporto di Napoli nel primo pomeriggio del 15 marzo 2003. Con la moglie Marina Doria e il figlio Emanuele Filiberto. Dopo che il Parlamento italiano aveva modificato la XIII disposizione transitoria della Costituzione, concedendo di fatto il ritorno dei reali sul suolo italiano. Nel capoluogo partenopeo, dove peraltro era nato, il principe fu contestato in maniera piuttosto decisa da esponenti della Fiamma Tricolore che accusavano i Savoia di tradimento nei confronti del fascismo. E si fecero sentire anche i neoborbonici, da sempre contro i reali sabaudi per aver contribuito al processo di unificazione. Decretando di fatto la fine del Regno delle Due Sicilie. Forse anche per l’accoglienza piuttosto fredda riservatagli, Vittorio Emanuele non si è mai stabilito in Italia preferendo Ginevra.

Ciononostante, tramite i propri legali, la famiglia dei Savoia ha chiesto, nel 2007, allo Stato italiano un gruzzoletto di 260 milioni di euro per risarcire l’esilio. Dall’Italia un no secco. Non fosse altro perché il nostro Parlamento, della menzionata XIII disposizione transitoria della Costituzione, ha abolito i primi due commi. Non il terzo, che è rimasto immutato e quindi in vigore. È quello che recita: “I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli”. Ora il Principe, per suo volere, è sepolto a Superga, su quella che lui stesso amava definire una “collina bellissima”. Che riposi in pace. A prescindere.

Pasquale Alfano

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